Nel nostro paese, in questi ultimi mesi di dibattiti alimentati da ambientalisti “à la page”, si va dicendo con vibrante vigore che i biocarburanti potrebbero essere il nostro futuro. Dissento sul futuro, ma certamente sono il nostro passato. Il 10 agosto 1893 Rudolf Diesel fa funzionare per la prima volta il motore che porta il suo nome spalancando le porte del progresso alle automobili alimentate da carburanti di origine vegetale, tanto da far diventare questa data storica la giornata internazionale del biodiesel. Che viene celebrata tutt’oggi.

La discussione sul biodiesel continua però tutt’ora a dividere l’opinione pubblica, poiché gli effetti ambientali controversi e le pressioni dei produttori gettano ombre sul dibattito sulla transizione verso i veicoli elettrici. Mentre il biodiesel viene infatti promosso come una soluzione “più verde” rispetto ai combustibili fossili, la realtà è più complessa.

Gli effetti ambientali negativi del biodiesel emergono chiaramente. La deforestazione e la conversione di terreni agricoli per coltivare piante oleaginose causano un grave impatto sulla biodiversità, distruggendo habitat preziosi. Le pratiche agricole intensive richiedono anche l’uso di fertilizzanti e pesticidi chimici, che contaminano le risorse idriche e minacciano gli ecosistemi acquatici. Un altro aspetto negativo riguarda il consumo di acqua necessario per coltivare le piante oleaginose. In alcune regioni dove le risorse idriche sono già limitate, l’agricoltura intensiva per il biodiesel può aggravare la scarsità idrica e creare conflitti tra gli usi dell’acqua.

Infine, anche se il biodiesel può essere una fonte rinnovabile, la sua produzione e distribuzione richiedono ancora energia da fonti non rinnovabili. Nonostante quindi i vantaggi in termini di emissioni di gas serra, il biodiesel ha dimostrato di essere ben lungi dall’essere un’opzione a impatto zero sull’ambiente. E allora perché oggi si fa un gran parlare dei biocarburanti, addirittura mettendo a rischio l’approvazione del regolamento europeo sul divieto di immatricolazione di nuove auto a motore endotermico a partire dal 2035?

Le pressioni dei produttori di biodiesel sono un ostacolo alla transizione verso i veicoli elettrici. Ci sono produttori di biocarburanti, inclusi quelli di biodiesel, che vedono il divieto delle auto a motore endotermico come un’opportunità per promuovere e aumentare la domanda di biocarburanti, inclusi i biocarburanti avanzati. Con il divieto dei motori a combustione interna, la richiesta di combustibili alternativi aumenterebbe, e questi produttori potrebbero beneficiare di questa crescente domanda. Al contrario, alcuni produttori di biodiesel si stanno opponendo al divieto dei motori a combustione interna, poiché questo potrebbe minacciare il mercato tradizionale del biodiesel utilizzato nei veicoli endotermici. Essi potrebbero cercare di preservare la propria quota di mercato e continuare a produrre biodiesel per l’attuale flotta di veicoli tradizionali.

Quale che sia il punto di vista da cui si muovono, questi interessi economici portano a campagne di lobbying con il rischio di influenzare decisioni chiave legate alle politiche energetiche. E non bastano le pressioni dei produttori di biodiesel, Eni in testa per quanto riguarda l’Italia.

La trattativa tra il governo italiano e Stellantis, che ha portato al blocco degli investimenti sulla tecnologia dei motori elettrici, è un esempio di altro tipo di pressioni. Mentre il mondo si muove verso la mobilità elettrica, questa trattativa ha messo in secondo piano la transizione verso veicoli più puliti e sostenibili. Questa posizione protezionistica può limitare le opportunità per la sperimentazione e l’adozione di tecnologie avanzate, ritardando il progresso verso una mobilità più ecologica. Insomma, mentre in Cina è stato presentato qualche mese fa il primo prototipo di auto utilitaria con batteria al sale (tra l’altro prodotto da una joint venture sino-tedesca), in Italia stiamo ancora discettando se e come quello che era una volta il primo gruppo italiano dell’automotive aprirà le sue fabbriche in Italia per auto elettriche a batterie tradizionali. Ovviamente con lauto sovvenzionamento pubblico, come è tradizione di Fiat dal 1974 ad oggi. A dimostrazione come il nostro paese sia ostaggio di interessi particolari, sia di produttori di auto che produttori di biocarburanti.

In conclusione, il dibattito sul biodiesel rivela un compromesso oscuro tra interessi economici e impatti ambientali. Mentre alcuni produttori cercano di capitalizzare sulla domanda di biocarburanti, gli effetti negativi sull’ambiente non possono essere ignorati. Nel frattempo, le pressioni dei produttori possono rallentare la transizione verso veicoli elettrici, impedendo di abbracciare soluzioni più sostenibili. È fondamentale trovare un equilibrio tra sviluppo economico e salvaguardia ambientale, promuovendo una transizione responsabile verso un futuro di mobilità veramente sostenibile. Che non sarà sicuramente solo mobilità elettrica ma un vero Piano Strategico Nazionale di Mobilità Sostenibile ed Integrata.

Articolo pubblicato in anteprima sul ilfattoquotiano.it

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